Un Padre che sacrifica il Figlio
«Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!»: sono le parole con cui il Padre conferma in Gesù la rivelazione fatta al battesimo. Lo splendore della trasfigurazione lascia trasparire, dietro le umili sembianze della condizione umana, l’identità più profonda di Gesù e quello che egli sarà in modo definitivo quando il Padre lo assumerà nella gloria. Tuttavia dietro l’appellativo «prediletto» si nasconde il misterioso dramma del sacrificio e della croce.
La gloria finale, dunque, ha questa inquietante premessa; l’amore del Padre comporta questo terribile risvolto. Incomprensibile per gli apostoli che rifiutano la prospettiva dello scacco e del fallimento; come ugualmente incomprensibile appare per Abramo la richiesta divina di offrire in sacrificio il figlio unico, Isacco, il figlio della promessa (prima lettura). Abramo ha dovuto separarsi da tutto il suo passato, ma ora si tratta di rinunciare totalmente al suo futuro! È dunque questo il volto di Dio? È questo il senso della sua paternità?
Molte volte la vita ci ha impietosamente messi di fronte a interrogativi angosciosi. Il non credente risponde ricorrendo alla «fatalità» o al «tragico destino» nei casi in cui non sia in gioco la malvagità o la prepotenza omicida dell’uomo. Il credente di fronte al mistero del dolore e del male prova un comprensibile smarrimento perché molte delle sue domande non trovano risposte o spiegazioni razionali. In certi casi sembra che tutto crolli, che Dio sia lontano e assente dalle vicende umane, che ciò che viene domandato sia sproporzionato alla capacità di sopportazione umana.
Nella liturgia di oggi, il Signore ci offre la sua risposta, senza togliere nulla alla problematicità dell’esistenza umana. La sapienza popolare afferma genericamente che « nel buio della vita c’è un momento di luce per tutti ». A questa speranza però, la fede aggiunge qualcosa di più profondo. Il credente sa che un Amore misterioso dirige la storia, anche quando gli eventi sembrano parlare in senso contrario. I nostri occhi miopi purtroppo, non hanno la lucidità necessaria per vedere il disegno divino nella sua interezza. Esso ci supera e solo la fede sa intravederlo.
Nella luce sfolgorante della trasfigurazione Dio da una risposta rassicurante a Cristo e ai suoi discepoli: la croce è solo una fase del progetto che sfocia nella gloria. Lo stesso Abramo, pur lacerato da una sofferenza disumana, alla fine ritrova il Dio della Vita e della promessa che stringe con lui un’alleanza nuova e lo apre a un futuro di benedizione. Per questo egli non è solo modello dei credenti, ma anche loro padre: nella prova ha fermamente creduto che Dio si interessa alla sorte dei suoi fedeli e che la loro vita gli è estremamente cara.
Cristo, come vero Servo del Signore, adempie in piena consapevolezza l’atteggiamento obbediente di Abramo e la figura sacrificale di Isacco. E in lui il Padre ha rivelato il suo volto, la dimensione di quella che Paolo definisce la «follia» di Dio. Per noi egli non ha risparmiato il Figlio unico, il Prediletto, ma lo ha consegnato alla morte come segno di amore supremo. Perciò i cristiani sono autorizzati a eclissare ogni timore e a fondare saldamente la loro speranza perché nessun nemico è abbastanza potente da prevalere contro l’amore di Dio per loro. Né morte, né dolore, né angoscia, né tenebra possono avere la parola definitiva, tanto che Paolo può esclamare con giustificata fierezza: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?».
Nell’immagine del Cristo trasfigurato la Chiesa intravede la direzione del proprio cammino e riceve la sua «confermazione» per affrontare con fiducia il difficile impatto con la croce.