La speranza nell’incontro finale con Cristo va rafforzata tra i cristiani grazie al “conforto” vicendevole fatto di “buone parole e buone opere” e non di “chiacchiere” inutili. Lo ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa del mattino a Casa S. Marta, la cui celebrazione è ripresa oggi pubblicamente dopo la pausa estiva. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Una fede certa nell’incontro finale con Cristo più forte del dubbio e così salda da rallegrare ogni giornata non si radica a suon di chiacchiere e futilità, ma nel “conforto” che i cristiani sanno darsi “a vicenda” in Gesù. Papa Francesco considera il comportamento dell’antica comunità di Tessalonica che emerge dal brano della lettera di San Paolo proposto dalla liturgia. Una comunità “inquieta”, che si chiedeva e domandava all’Apostolo il “come” e il “quando” del ritorno di Cristo, quale sorte toccasse ai morti e alla quale addirittura era stato necessario dire: “Chi non lavora, neppure mangi”.
Le chiacchiere non confortano
San Paolo, nota Francesco, afferma che il “giorno del Signore” arriverà all’improvviso “come un ladro”, ma aggiunge pure che Gesù verrà a portare la salvezza a chi crede in Lui. E conclude: “Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri”. Èd è proprio questo conforto, ribadisce il Papa, “che dà la speranza”:
“Questo è il consiglio: ‘Confortatevi’. Confortatevi a vicenda. Parlare di questo: ma io vi domando: noi parliamo di questo, che il Signore verrà, che noi incontreremo Lui? O parliamo di tante cose, anche di teologie, di cose di Chiesa, di preti, di suore, di monsignori, tutto questo? E il nostro conforto è questa speranza? ‘Confortatevi a vicenda’: confortatevi in comunità. Nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, si parla di questo, che siamo in attesa del Signore che viene? O si chiacchiera di questo, di quello, di quella, per passare un po’ il tempo e non annoiarsi troppo?”.
Il Giudizio e l’abbraccio
Nel Salmo responsoriale, soggiunge Francesco, “abbiamo ripetuto: ‘Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi’. Ma tu – domanda il Papa – hai quella certezza di contemplare il Signore?”. L’esempio da imitare è Giobbe, che nonostante le sue sventure affermava reciso: “Io so che Dio è vivo e io lo vedrò, e lo vedrò con questi occhi”:
“E’ vero, Lui verrà a giudicare e quando andiamo alla Sistina vediamo quella bella scena del Giudizio finale, è vero. Ma pensiamo anche che Lui verrà a trovarmi perché io lo veda con questi occhi, lo abbracci e sia sempre con Lui. Questa è la speranza che l’Apostolo Pietro ci dice di spiegare con la nostra vita agli altri, di dare testimonianza di speranza. Questo è il vero conforto, questa è la vera certezza: “Sono certo di contemplare la bontà del Signore’”.
Il conforto di buone parole e opere
Come San Paolo ai cristiani di ieri, Papa Francesco ne riecheggia il consiglio a quelli della Chiesa di oggi: “Confortatevi a vicenda con le buone opere e siate d’aiuto gli uni agli altri. E così andremo avanti”:
“Chiediamo al Signore questa grazia: che quel seme di speranza che ha seminato nel nostro cuore si sviluppi, cresca fino all’incontro definitivo con Lui. “Io sono certo che vedrò il Signore’. ‘Io sono certo che il Signore vive’. ‘Io sono certo che il Signore verrà a trovarmi’: e questo è l’orizzonte della nostra vita. Chiediamo questa grazia al Signore e confortiamoci gli uni gli altri con le buone opere e le buone parole, su questa strada”.