Oggi la Chiesa ricorda San Mosè Profeta: preghiamolo con la sua stessa lode a Dio, racchiusa nel Salmo 90:
Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio |
Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Prima che nascessero i monti Tu fai ritornare l’uomo in polvere, Mille anni, ai tuoi occhi, Tu li sommergi: al mattino fiorisce e germoglia, Sì, siamo distrutti dalla tua ira, Davanti a te poni le nostre colpe, Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, Gli anni della nostra vita sono settanta, Chi conosce l’impeto della tua ira Insegnaci a contare i nostri giorni Ritorna, Signore: fino a quando? Saziaci al mattino con il tuo amore: Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, Si manifesti ai tuoi servi la tua opera Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: |
Commento
Il salmo illustra la condizione precaria della vita dell’uomo esposta alle sofferenze del quotidiano unitamente a quelle dei rivolgimenti storici causati per le lotte di potere. Il salmista procede con un tono sapienziale, rischiarato dalla consapevolezza della brevità dei giorni dell’uomo. Questa consapevolezza è tanto importante che egli la invoca per tutti gli uomini: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”.
La composizione del salmo molto probabilmente è avvenuta nel tempo di pace relativa quando Antioco V ridiede la libertà religiosa ad Israele (163 a.C.).
Il salmista si rivolge a Dio come rifugio di Israele. Rifugio certo, perché Dio non è una creazione dell’uomo, egli, infatti, da sempre esiste: “Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio”; “Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato“.
Il salmista ha il vivo ricordo di tracotanti superbi entrati nel tempio di Gerusalemme credendo di affermarsi su Dio: Tolomeo III e Tolomeo IV erano entrati nel tempio offrendo sacrifici ai loro dei (ca. 220-221 a.C.); Antioco IV Epifane lo saccheggiò e vi fece sacrifici a Giove (ca. 169-167 a.C).
Ma l’uomo è un nulla di fronte a Dio, che per l’antico peccato lo fa ritornare polvere (Gn 3,19): “Tu fai ritornare l’uomo in polvere”. L’ira di Dio travolge i superbi: “Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca”; “Sì, siamo distrutti dalla tua ira”; “Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera”.
L’ira di Dio è rivolta a portare l’uomo al ravvedimento. E’ saggezza sapere che la collera di Dio non è una finta, ma una realtà dura che incombe sui ribelli. E’ saggezza temere la collera di Dio e non sfidarla, come già fece il faraone (Es 9,30): “Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera?”.
Il salmista si colloca tra tutti gli uomini, ma anche presenta fin dall’inizio la sua appartenenza ad Israele: “Signore, tu sei stato per noi un rifugio…”; e per Israele invoca pace e gioia dopo giorni e anni di afflizione: “Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi!…Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti“.