Pubblichiamo alcuni appunti (non controllati) della prima catechesi della settimana della Fede.
Lunedì 2 Marzo 2015. Relatore Mons. Giuliano Santantonio.
Oggi il battesimo assomiglia ad un lavaggio, ma il senso vero del battesimo è altro, il battesimo è rinascita.
Nella prassi della chiesa antica era evidente il significato del battesimo come rinascita.
Il battesimo era amministrato prevalentemente agli adulti, ma anche agli inizi della Chiesa il battesimo dei bambini era conosciuto, basti pensare al centurione Cornelio che viene battezzato da Pietro insieme a tutta la famiglia, grandi, piccini e servi inclusi.
Prima del concilio vaticano II si aveva fretta di battezzare i bambini per non farli morire nel peccato originale. Il Peccato originale non è una colpa reale, non ricade sul bambino che muore senza colpa, è un difetto, un a condizione di svantaggio. Il battesimo ci rimette sul nastro di partenza, come si trovava il primo uomo, nella possibilità di dire sì o no a Dio.
La concezione non precisa del peccato originale ci ha fatto pensare al Battesimo come ad un lavaggio, ma noi dobbiamo ripensare al Battesimo come una nuova rinascita che apre orizzonti diversi.
Il Battesimo ha creato in noi un radicamento nel Cristo Gesù, siamo innestati come una gemma nell’albero di Cristo e facciamo un tutt’uno con Lui, cominciamo a dare frutti, i frutti della linfa dell’albero.
Noi siamo innestati in Cristo, diventiamo Figli di Dio, perché siamo inseriti nel Figlio di Dio ed in Lui abbiamo una vita nuova.
Gesù è vissuto è morto ed è risorto, non per se stesso, ma per noi.
Se siamo uniti a Lui,, anche noi viviamo per gli altri. Noi dobbiamo essere collaboratori della gioia degli altri.
Anche noi come Lui dobbiamo dare la vita per gli altri. Dobbiamo amare la nostra vita, anche se è ferita dal peccato e dobbiamo renderla dono gradito a Dio.
Gesù ha amato la vita dell’uomo, la ha assunta con tutte le ferite, ne ha fatto la sua pelle, si è incarnato, la ha portata fin sulla croce.
Questa nostra vita può cambiare solo se la amiamo come Lui la ha amata.
Gesù, con la sua obbedienza, ha sanato la ferita della disobbedienza di Adamo.
Nella nostra libertà siamo chiamati a realizzare il progetto di felicità che Dio ci ha chiamato a vivere, se permettiamo al disegno di Dio di compiersi in noi, la felicità entra nella nostra vita.
Noi entriamo nella Chiesa, nel corpo di Cristo, con il battesimo, quindi la nostra fede deve essere fede ecclesiale, comunitaria. La Chiesa infangata dai nostri peccati resta bella perché vi abita lo Spirito Santo.
Proprio perché siamo innestati nel corpo di Cristo, anche noi come lui siamo fatti, nel Battesimo, Sacerdoti, Re e Profeti.
Il Sacerdozio antico offriva a dio incenso e sacrifici, il sacerdozio nuovo, quello di Gesù è offerta a Dio Padre della propria vita, di tutta la vita, anche noi che siamo Sacerdoti in Cristo in virtù del battesimo dobbiamo offrire tutta la nostra vita al Padre e farne lode al Padre. Tutta la nostra Vita (il lavoro, lo studio, la famiglia, le relazioni, le amicizie … ) va consegnata a Dio, va inserita nel progetto di Amore del Padre. Non siamo Sacerdoti perché preghiamo (qualcuno può compiere azioni religiose senza avere fede … basti pensare ai mafiosi!) Noi non siamo chiamati ad essere Cristiani praticanti, ma Cristiani credenti! La pratica serve, è utile, entro certi limiti se rivela la fede del Credente, ma la Fede spazia, va oltre la religione, riguarda le nostre scelte, la nostra vita …
La Liturgia non può essere qualcosa che noi diamo a Dio, ma è, all’opposto un dono di Dio alla nostra vita, alla nostra quotidianità!
La liturgia è un invito, un invio a coniugare nella nostra vita e nella nostra storia l’esperienza esaltante di aver incontrato Dio nella Chiesa. Per questo la Messa domenicale non può essere considerata ancora un precetto, dovrebbe essere un bisogno, bisogno di luce che illumina la quotidianità.